Nel panorama mondiale, a proposito di opere d’arte, l’Italia si trova in una posizione di grande rilevanza, non solo per l’immenso patrimonio pubblico che possiede, ma anche perché i privati ne detengono circa il 20%. Tra i collezionisti privati le banche e le fondazioni bancarie rappresentano una quota di sicuro rilievo. Le fondazioni, nonostante il vuoto normativo successivo alla loro introduzione legislativa nel 1990, hanno prodotto, a pochi anni dalla nascita, dei risultati piuttosto importanti. Solo per parlare di numeri: nel settore della cultura l’impegno economico è passato dai 24 milioni di euro nel 1993 a 338 milioni nel 2003, divenuti 408 nel 2004. Viene ribadita così la valenza strategica della cultura come motore dell’economia.
L’universo dell’arte è un sistema. Un sistema che si regge su tre elementi fondamentali che interagiscono tra loro, bilanciandosi in delicati rapporti: il denaro, l’opera d’arte, il museo. Spieghiamo meglio: alla base di una collezione c’è il denaro ed il perverso desiderio di “accumulare” opere, per anni e con passione, per poi lasciarle non a figli, nipoti o parenti, come si potrebbe pensare, ma ad un museo o ad una istituzione. Se questo non fosse vero, noi oggi non avremmo ad esempio gli Uffizi di Firenze, il Metropolitan di New York o il Correr di Venezia.
Poi c’è il museo che è l’approdo finale di una “accumulazione” e di una selezione sistematica, dove regnano i valori della qualità e della disciplina. Perché il sistema funzioni è necessario che ognuno dei tre elementi costitutivi sia libero di muoversi liberamente e cioè è necessario che il denaro cerchi l’opera senza troppi vincoli, che il collezionismo privato sia messo in condizione di crescere e che il museo si conservi libero e autonomo, senza perseguire scopi utilitaristici.
In ambito europeo sono rari i casi di raccolte d’arte appartenenti ad istituti bancari e ancor più rari sono i casi in cui questi posseggono opere d’arte antiche. In Italia invece la situazione è diversa: quasi tutte le banche possiedono opere, grazie ad una consolidata tradizione che si richiama idealmente, come dicevamo, alla committenza ed alle collezioni d’arte vanto di grandi famiglie rinascimentali (tra i tanti ricordiamo solo i Medici e i Chigi). Pur avendo dunque lontane origini, il collezionismo delle banche si presenta oggi con le caratteristiche proprie di un collezionismo moderno e illuminato. Ma dal ’90 un nuovo protagonista è sulla scena: le Fondazioni. Sarebbero loro le figure di spicco del collezionismo nato dalle banche omonime. Oggi le fondazioni gestiscono collezioni di tutto rispetto e, attuando con intelligenza lo scorporo previsto dalla legge, hanno acquisito in tutto o in parte l’antico patrimonio bancario per scissione, assegnazione o acquisto vero e proprio (vedi artt. da 14 a 17 del d.lgs. 153/99), oppure sono intervenute sul mercato come normali investitori. Enorme e differenziato è dunque il patrimonio che oggi posseggono e che risulta essere tra i più vari, perché ciascuno rispecchia i gusti e le esigenze di chi li ha curati e dei territori in cui sono inseriti.
Per ogni fondazione, però, vale un’unica regola: collezionare opere d’arte significa conoscere in qualche modo la storia degli uomini, dunque il passato ed il presente e avere la possibilità di vivere le emozioni del reale fino in fondo, respirando e tramandando preziose testimonianze della nostra civiltà.