Nato a Mantova nel 1912, Giulio Turcato è stato dal 1949 esponente del gruppo Forma 1, con Accardi, Consagra, Attardi, Dorazio, Guerrini e Sanfilippo, entrando poi a far parte del Fronte nuovo delle arti e del Gruppo degli Otto.
La spregiudicatezza che lo ha sempre contraddistinto, gli ha permesso di portare avanti il proprio lavoro con una leggerezza tale da fargli sperimentare le più svariate forme espressive. Ed è proprio questo che si può ammirare nella mostra, a cura di Silvia Pegoraro, che si è inaugurata il 7 dicembre scorso nella doppia sede del Museo d’Arte Moderna Vittoria Colonna e dell’Ex Aurum, di Pescara. Antologica che, a tredici anni dalla scomparsa dell’artista, rappresenta il tentativo di esaminare e interpretare alcuni aspetti del suo lavoro non abbastanza studiati e approfonditi.
L’evento si è potuto realizzare grazie alla collaborazione dell’Assessorato alla Cultura del Comune di Pescara e al contributo dell’Archivio Giulio Turcato. Fino al 2 marzo prossimo, si potranno ammirare un centinaio di opere datate dal 1937 al 1992, anno in cui si interrompe la parabola creativa dell’artista, percorrendo un tracciato che esplora per intero l’intensa attività del pittore, attraverso opere inedite ed altre già storicizzate come: Rivolta, Comizio, Arcipelago, Deserto dei Tartari, Testa di moro, Il tunnel, Evocazione e molte altre.
Considerato uno dei massimi esponenti ed interpreti dell’astrattismo pittorico in ambito internazionale, il suo lavoro ha spaziato dalla pittura alla scultura alla scenografia. Sempre legato all’impegno sociale e politico, presto evidenzia nel suo lavoro un profondo interesse per la ricerca sulla natura e sulla qualità del colore e della luce, nonché sulla metamorfosi delle forme.
Attivo in molte mostre in Italia, ma anche in prestigiose esposizioni internazionali, nel 1993 sarà presente per l’ultima volta alla Biennale di Venezia.
Straordinario esploratore, Giulio Turcato ha saputo imporre il suo inimitabile linguaggio artistico, facendo dell’arte un codice per interpretare il mondo in tutti i suoi aspetti, dalla biologia alla fisica, all’astronomia: tutto per lui poteva diventare spunto per nuove invenzioni. Nel 1985, infatti, scriveva: “Queste immagini, sensazioni, materiali, memorie, illusioni, allucinazioni, forme, itinerari sono il mio bagaglio, aperto alla dogana del prossimo millennio.” Fondamentale dichiarazione di poetica, da parte di un artista che tentava in tutti i modi di liberare l’arte dalle convenzioni accademiche, conseguendo una cifra stilistica unica ed inconfondibile e lasciando una indelebile traccia sulla strada dell’arte moderna e contemporanea.