I lavori di Elia Li Gioi sono un luogo di sperimentazione della realtà, di esplorazione delle sue possibilità e dei suoi limiti. Pur affrontando tematiche sociali e culturali, le sue opere rivelano pienamente il loro significato solo nel momento in cui sono attraversate, oltre che dalla vista, anche dal pensiero.
La sua ricerca artistica, in continua trasformazione, prende avvio ai tempi dell’Accademia con l’eclettico Primo Conti, grazie al cui stimolo si fa erede del Futurismo Siciliano, per giungere con grande dinamismo e personalità ad interpretare le più recenti Avanguardie artistiche. Una sorta di cammino creativo che non si accontenta di esprimersi attraverso tappe precostituite e precise ricerche iconografiche, ma si definisce, sublimandosi, in una serie di richiami concettuali, con riferimenti simbolici al patrimonio culturale e naturale siciliano, che viene così celebrato e diffuso attraverso il linguaggio evocativo e poetico dell’arte.
La contaminazione artistica è per Li Gioi una vera e propria cifra stilistica. Per questo, prima di percorrere la sua ultima mostra, non possiamo non ricordare opere come il più grande ritratto mai esposto di Filippo Tommaso Marinetti (una tela microforata di m 3×3) o Il Grido del Papa Giovanni Paolo II, solo per citarne alcuni, in cui le immagini sovraemulsionate si compenetrano a reti di maglia, più o meno stretta, lavorata con tempere e smalti. Ma c’è di più.
La condizione di artista contemporaneo è per Elia prima di tutto una totale adesione al proprio tempo per descrivere, con impietosa obiettività, l’impellente desiderio di ricollocare nel presente tracce e resti del passato, lasciando una indicazione del proprio sofferto cammino. Un cammino arduo e complesso che si è potuto realizzare solo dopo molti anni di confronti e soprattutto attraverso una dura ricerca di se stessi, volta a riscoprire, anche in chiave antropologica, le proprie origini ed i propri autentici linguaggi. Per questo, l’azzurro dei paesaggi marini ha offerto al Maestro lo spunto per guardare l’orizzonte mediterraneo e restituire profondità e volo ad un immaginario senza confini. Anche quando si è trattato di tristi storie di migranti, di vite umane alla deriva, di anime alla ricerca della speranza e dunque della salvezza.
La consapevole contemporaneità di Elia Li Gioi, grazie ad una coraggiosa e radicale revisione dei propri parametri culturali ed artistici, lo ha portato a farsi parte e voce di quel mare che è anche Mito, affrontando le tragedie e le brutture della nostra epoca, senza mai rinunciare a sognare. Ecco quindi nascere Totem realizzati con materiali di scarto, legni, chiodi, resti dei relitti trasportati dal mare. Assemblaggi come feticci solitari sembrano vere e proprie entità spirituali che richiamano la nostra attenzione a quell’altra faccia della verità dell’esistenza, che qui è drammaticamente rappresentata. La tensione creativa che ne deriva è dunque il frutto di un percorso artistico in cui è necessario recuperare le istanze storiche del passato per metterle in relazione con un presente in continuo divenire. Frammenti e rovine su cui il colore scorre come sangue, in una gestualità che ricorda l’audacia futurista, aggrediscono l’occhio dell’osservatore, mescolando l’implicito e l’esplicito, aprendo squarci di memoria e visioni sul futuro, e scoprono dettagli e accenni di una vita composta e coerente che ha già percorso un ricco e variegato itinerario artistico.
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