1_Il restauro dei beni culturali.
I beni che compongono il patrimonio culturale nazionale nei suoi svariati aspetti, storico, artistico, archeologico, architettonico, ambientale, etno-antropologico, archivistico, librario e tutti quelli che costituiscono testimonianza di valore storico-culturale, rientrano nella definizione che l’enciclopedia Treccani dà di bene culturale. In Italia l’espressione è divenuta di uso comune dopo l’istituzione del relativo Ministero (1975), soppiantando quella, precedente e più limitata, di Antichità e Belle Arti. I beni culturali, che in Italia hanno costituito un settore a lungo emarginato e sottovalutato nella politica e nelle scelte della pubblica amministrazione, hanno fortunatamente registrato nell’ultimo ventennio un interesse sempre crescente , che si è formalizzato in iniziative con intenti di rinnovamento e di imprenditorialità [1]. Tra questi, una serie di interventi di manutenzione, recupero, restauro.
Il cantiere edile è un ambiente a rischio ed il processo edificatorio, per sua natura, non può seguire procedure standard stabili e programmabili interamente. Ogni cantiere è diverso dall’altro e, nell’ambito di ciascuno, gli addetti svolgono mansioni connotate da variabilità e mobilità, a seconda delle diverse lavorazioni. Tutto questo è ancora più rilevante nel caso del restauro. Intervenire su un manufatto esistente, spesso gravato da vincoli, limita infatti le possibilità di organizzazione del lavoro, costringe gli operatori in posizioni poco confortevoli, e per nulla ergonomiche, e spesso espone il cantiere all’interazione con edifici ed ambiente circostante che mal si adattano alla sua installazione e che rischiano di amplificare, anziché eliminare o ridurre, le conseguenze di eventi dannosi imprevisti. Per questo, parlare di sicurezza nel restauro significa affrontare un discorso molto delicato, ancor più che in edilizia.
2_ La sicurezza nel restauro: una scelta consapevole.
Per fortuna, la tendenza a considerare la salute e la sicurezza sul lavoro non un costo aggiuntivo per aziende e imprese, ma un investimento in termini di qualità, produttività e competitività sembra esprimere la felice inversione di tendenza cui assistiamo in questi ultimi anni, soprattutto nel settore del restauro. Acquisire le conoscenze delle caratteristiche del posto di lavoro (cantiere o laboratorio) e dei rischi ad esso connessi, rispettare costantemente le misure di prevenzione, conoscere ed utilizzare correttamente i dispositivi di protezione individuale (DPI) e seguire le procedure previste dalla specifica mansione, nel rispetto delle vigenti norme di sicurezza ed igiene sul lavoro, sono in assoluto le tematiche più interessanti da recepire e da attuare, per fare in modo che la sicurezza da onere da sostenere si trasformi in un vero e proprio stile di vita. Di fondamentale importanza, però, resta la questione della differenza tra i vari operatori del settore. I restauratori infatti, sensibili professionisti con formazione specifica, in grado di intervenire su svariate categorie di beni artistici, rivendicano da tempo una indipendenza di genere, che si evidenzia con maggior consistenza proprio quando si parla di sicurezza. Le attività di restauro sono esposte ad una serie di rischi specifici piuttosto difficili da circoscrivere. Inoltre, non essendo mai stata redatta una adeguata valutazione dei rischi, si nota sovente l’applicazione di norme e protezioni che sono proprie di altri settori e che spesso sono assolutamente inidonee alle esigenze tipiche dei restauratori. Ad un primo approccio con l’argomento, il concetto di “cantiere di restauro” può apparire univoco e facilmente delineabile. In realtà, il restauro copre casistiche estremamente ampie con utilizzo di materiali e tecnologie anche molto diverse, che possono comprendere il semplice utilizzo di bisturi ed il ben più complesso apparecchio laser. Anche gli oggetti ed i luoghi di intervento possono spaziare dal laboratorio artigiano, nel quale vengono trasportati arredi, dipinti e mobili, fino all’intervento ad elevata quota per il recupero di un affresco su una cupola [2]. I cantieri di restauro hanno senza dubbio molteplici elementi in comune con quelli edili per la costruzione o ristrutturazione, ma anche molte distinte peculiarità e problematiche, spesso con forti correlazioni in materia di sicurezza. Problematiche sulle quali è opportuno porre una specifica attenzione e che non sono sempre di intuitiva comprensione, ma di sicura rilevanza in materia di sicurezza e gestione del cantiere.
Proviamo ad analizzare, seppur in via sintetica, alcune di queste peculiarità. Prima di tutto, il bene stesso su cui si interviene: la particolarità o unicità dell’opera o dell’edificio oggetto di restauro e quindi la difficile applicabilità di uno standard di intervento. Allo stesso tempo, l’eterogeneità delle imprese che operano nel settore e la molteplicità di tipologie di intervento sono elementi atipici nel panorama edilizio. La cospicua presenza poi, se non addirittura la prevalenza, di manodopera femminile nei cantieri di restauro è un elemento che va tenuto in giusta considerazione fin dalle prime fasi di progettazione dello stesso (spogliatoi, servizi igienici, turni lavoro, ecc). Per non parlare della difficoltà o impossibilità di ancoraggio dei ponteggi alle facciate o alle pareti degli edifici storici vincolati, che necessita di studio e valutazioni di differenti metodologie di fissaggio. Infine, la contemporanea presenza di visitatori in alcune aree dei cantieri di restauro, in quanto beni pubblici (quali musei, chiese, fontane, ecc.) che devono spesso rimanere aperti al pubblico, seppur con tutte le cautele e prescrizioni di sicurezza opportune, nonché la gestione degli accessi del personale di custodia dell’Ente in caso di allarme, sposta l’attenzione su questioni di carattere meramente tecnico. Le tematiche sono molteplici, alcune delle quali comuni a molti cantieri, e dunque la conoscenza e la competenza specifica possono svolgere un ruolo determinante. È quindi assolutamente necessario mettere in campo strumenti e strategie efficaci, affermando ancora una volta il trinomio sicurezza-formazione-regolarità, poiché la cultura della sicurezza è un patrimonio comune delle imprese e dei lavoratori. Occuparsi di beni culturali è difficile, si lavora spesso su opere di grande rilevanza storico-artistica che bisogna innanzitutto conoscere, altrimenti risulta impossibile intervenire e ancor più complesso ricercare ditte/imprese cui affidare i lavori. Occorre sempre fare attenzione alla manodopera, puntando al massimo della qualità coniugata al giusto prezzo [3]. Arricchire la progettazione dell’opera significa anche integrare la sicurezza al progetto, rilevando i rischi del cantiere a partire già dal suo concepimento. In questo contesto il processo produttivo è il risultato di una stretta ed elaborata collaborazione di più figure professionali, ed è quindi indispensabile, per assicurare il buon esito degli interventi, che si chiarisca bene il riconoscimento di tutte le competenze e dei singoli percorsi formativi. Restauratori e conservatori costituiscono una autentica risorsa per il mercato del lavoro, che necessita di qualità per accrescere il valore aggiunto delle attività produttive, come fonte primaria per il progresso sociale ed economico del Paese. Sovente gli stessi edifici sui quali si interviene sono il risultato di un processo complicato di accrescimento e mutazione storica, dove si ritrovano stratificazioni e sovrapposizioni architettoniche, dove le stesse destinazioni d’uso risultano più volte riconvertite e dove le componenti impiantistiche e le necessità strutturali impongono spesso scelte complicate. Qui la sicurezza in cantiere è argomento ancor più delicato: trattandosi di un restauro, si deve aggiungere alla tutela dell’incolumità dei lavoratori quella del valore storico e artistico dell’edificio sul quale si interviene. Risulta necessaria una formazione specialistica pratica ed una organizzazione delle diverse fasi del lavoro in relazione a parametri temporali adeguati alle necessità e ai ritmi del lavoro di restauro e conciliabili con l’applicazione delle specifiche misure di sicurezza e prevenzione, collettive e individuali. Emerge evidente il bisogno di alta professionalità che può essere ottenuta solo attraverso percorsi formativi chiari, uniformi e finalizzati alle specificità della professione del restauratore.
Le attività di restauro riguardano infatti una pluralità eterogenea di opere che spaziano dall’edificio storico ai reperti archeologici, dai tessuti agli elementi di arredo, dalle pitture ai mosaici, dalle stampe alle opere in metallo, etc. Di conseguenza, gli operatori del settore che si trovano a intervenire su materiali diversi e inseriti in svariati contesti ambientali sono esposti a rischi di salute o infortuni differenziati e difficili da circoscrivere. Per il mondo del restauro non è possibile mettere in evidenza i profili di rischio di comparto in senso tradizionale, perché i restauratori non afferiscono a luoghi di lavoro dove si svolgono cicli di lavorazione simili o affini, come viene osservato nell’ambito delle piccole e medie imprese e dei pubblici servizi [4]. Nel mondo del restauro lavorare in sicurezza è principalmente un fatto culturale. Preso atto di queste disomogeneità, informazione e formazione sono requisiti indispensabili per accostarsi correttamente alla tematica della sicurezza. I molti profili professionali coinvolti e la particolarità del distretto richiedono, nei fatti, un coordinamento centrale, un indirizzo di programmazione formativa ed una solida esperienza pratica, mentre oggi si tende a creare rigidi monopoli, ostacolando il raggiungimento dell’indispensabile chiarezza collaborativa tra i vari settori. E’ indispensabile impostare un percorso formativo sulla sicurezza e sull’identificazione e la gestione dei pericoli che possono insorgere in tutte le attività di restauro e conservazione. Debbono essere potenziate le capacità operative degli addetti in riferimento all’organizzazione del lavoro e alla prevenzione del rischio derivante dall’attività specifica, anche con riferimento al rispetto ambientale e alle problematiche interconnesse, come la dislocazione di taluni cantieri nei centri storici delle città. Il lavoro di restauro dovrebbe essere indirizzato ad adottare, sulla base di quanto prevede il Testo Unico 81/2008, le norme tecniche, le buone prassi, le linee guida, l’addestramento, i modelli di organizzazione e di gestione strettamente riferiti ai pericoli propri delle specifiche attività in cui si articola la professione del restauratore, dell’operaio edile specializzato o dell’artigiano restauratore. Il Testo Unico indica la necessità di ricorrere a strumenti utili a sviluppare l’informazione, l’assistenza, la promozione e il relativo sostegno alla cultura della sicurezza. Ai lavoratori debbono essere fornite informazioni e consigli anche sulla sorveglianza sanitaria e precise indicazioni per garantire una condizione generale di benessere, inteso non solo come assenza di malattia [5]. Dovrà essere quindi impostato un sistema idoneo a permettere la registrazione dei rischi in relazione alla persona, all’ambiente di lavoro, alla tipologia dello stesso e alla quantità e qualità delle sostanze impiegate nel tempo.
3_Considerazioni su rischi e patologie derivanti dall’ attività lavorativa.
Nel restauro dei beni artistici ed architettonici, l’applicazione di norme e buone prassi in materia di sicurezza, per la stessa natura delle opere, può dunque rivelarsi difficoltosa, talvolta in apparenza impossibile. Riuscire poi a progettare e gestire la sicurezza nei cantieri di restauro significa confrontarsi con uno stato di fatto ormai consolidato che per la presenza di particolari rari e di pregio, per la conformazione della struttura stessa e per l’imprevedibilità delle esigenze che possono emergere in corso d’opera, spinge spesso a derogare dalla normativa di settore, scegliendo la più precaria strada del compromesso [6]. Molti restauratori ed artigiani di fronte alla “scomodità” di lavorare seguendo tutte le norme di prevenzione previste (ossia indossando contemporaneamente più dispositivi di protezione individuali per periodi di tempo a volte anche molto lunghi) evitano di attenersi alle direttive. Ciò è dovuto anche al fatto che, non esistendo ancora una specifica valutazione del rischio, come già detto, si applicano le protezioni proprie di altri settori, che spesso sono inidonee per le esigenze specifiche, professionali e manuali, dei restauratori. Per questo è necessaria una organizzazione delle diverse fasi del lavoro in relazione a parametri temporali adeguati alle necessità ed ai ritmi dell’attività di restauro e conciliabili con l’applicazione delle specifiche misure di prevenzione e sicurezza, collettive ed individuali. Recenti ricerche hanno sottolineato la presenza di elevati rischi di natura psico-sociale nel comparto del restauro, determinati da stress lavoro-correlato e da malattie professionali [7]. Di contro, vista la specifica tipologia di queste attività, i rischi di infortuni che portano alla morte sono assai rari. Nei cantieri di restauro, infatti, il livello di attenzione è sempre alto, probabilmente anche grazie all’elevato grado di età scolare degli addetti e per la tipologia delle lavorazioni eseguite, al contrario appunto di ciò che si evidenzia nei cantieri edili. Nonostante tutto, però, è urgente la risoluzione di alcune problematiche legate alla buona organizzazione del lavoro e alla corretta applicazione delle norme per la sicurezza. In sintesi si riscontrano, seppure nel comune ambito dei cantieri di restauro, delle evidenti diversità tra l’imprenditoria OS2 ed OG2 e non solo per i rischi connessi che, come già detto, risultano abbastanza difficili da circoscrivere, ma soprattutto per l’annosa normativa di qualificazione delle imprese specialistiche OS2 che si tende a confondere o ad equiparare alle OG2. Il risultato è che non solo non vengono rispettati i requisiti di qualificazione professionale, che dovrebbero richiedere operatori con una adeguata idoneità tecnica, ma viene assolutamente sottovalutata, a tutto discapito della qualità, la evidente differenza fra le due categorie a causa della tipologia stessa delle lavorazioni da eseguire, oltre che per la metodologia operativa che le sottende. Ne deriva una situazione di grande confusione, in cui restauri specialistici vengono spesso affidati ad imprese edili, con il risultato di una generalizzata dequalificazione del settore che coinvolge tutto il mondo scientifico e specialistico della conservazione. In ogni caso, nei cantieri di restauro OS2 sicuramente c’è una grandissima attenzione alla salvaguardia e alla tutela dei lavoratori durante l’esecuzione dei lavori, ma, a fronte delle crescenti specifiche esigenze, si evidenzia la necessità di un chiaro confronto tra la categoria e le istituzioni, che porti ad una serena riflessione, al fine di giungere a soluzioni definitive e condivise.
4_Conclusioni.
Come si può facilmente comprendere, cercare di diffondere una vera e propria cultura della sicurezza, intesa come stile di vita, resta uno degli obiettivi principali degli addetti ai lavori. E’ importante dedicare più spazio alla riflessione su come il contesto sociale influenzi la nostra percezione del rischio ed il nostro conseguente agire. E se la sicurezza è per definizione una condizione di mancanza di pericolo, bisognerebbe allora conoscere prima di tutto il contesto lavorativo nel quale si opera, per essere in grado di creare una condizione di consapevolezza comune e condivisa. E non si tratta soltanto di regole e procedure imposte dall’alto, ma di responsabilità individuali che devono aumentare la nostra dimensione cognitiva della sicurezza. Molto si può ancora fare in questa direzione, formando ed informando i lavoratori di ogni settore, grado e provenienza e sensibilizzando ciascuno anche al concetto stesso di restauro, inteso come buona conservazione, che ha lo scopo di rendere “leggibile” un bene culturale, consentendogli di attraversare i secoli come preziosa testimonianza storica della nostra civiltà.