Dopo diciotto mesi di lavori, viene riaperta al pubblico la Galleria Farnese, in cui è custodito uno dei cicli pittorici più straordinari della storia dell’arte italiana. Per un totale di 600 metri quadrati tra stucchi e affreschi, realizzati dai fratelli bolognesi Annibale e Agostino Carracci, e grazie ad un accurato lavoro di restauro condotto da una squadra franco-italiana, riconquista l’originale freschezza una testimonianza tra le più rinomate del nostro Seicento. Un restauro rigoroso ha portato alla luce anche la memoria storica dell’opera, in particolare gli interventi condotti dal pittore Carlo Maratti, qualche decennio più tardi, oltre che una cospicua serie di disegni ed iscrizioni di natura assai varia: ritratti, schizzi, caricature dei settecenteschi avventori della Galleria.
Capolavoro della pittura italiana, la Galleria Farnese è stata considerata, fin dalla sua creazione, un modello per ogni artista venuto a Roma a perfezionare la propria formazione. Annibale Carracci, chiamato dal cardinale Odoardo Farnese nel 1595 circa, per realizzare la decorazione di alcune stanze del palazzo romano, oggi sede dell’Ambasciata di Francia, dopo aver lavorato al celebre Camerino, la camera da letto del cardinale, intraprende la decorazione della Galleria su un programma iconografico che si pensa realizzato con Fulvio Orsini, bibliotecario del porporato, a partire dai temi delle Metamorfosi d’Ovidio e delle Immagini di Filostrato. Aiutato dal fratello Agostino e dai suoi migliori allievi, Annibale realizza dunque la decorazione di questo spazio fra 1597 ed il 1607 circa.
I lavori di restauro appena conclusi sono stati eseguiti dall’A.T.I. Farnese, associazione temporanea composta da sei ditte di restauratori: Studio C.R.C., Fondazione La Venaria Reale, Erre Consorzio, Giorgio Capriotti, Luisa Barucci, Daniela Milani. Dopo una prima fase di indagini tecnico-analitiche, ricerche documentarie e rilievi grafici-tematici, e conclusi i saggi di prova, è iniziata la fase della pulitura delle superfici dipinte realizzate ad affresco, ma con numerose riprese di colore steso a secco. Le centinaia di grappe metalliche incontrate, utilizzate già alla fine del Seicento per consolidare gli intonaci pericolanti, sono state adeguatamente trattate, per procedere poi con la stuccatura delle fessurazioni, badando, nel ricongiungimento dei lembi del tessuto pittorico, a non deformare le immagini. Infine, nella fase della reintegrazione pittorica delle superfici, là dove ci si era imbattuti in cadute ed abrasioni, si è intervenuti a velatura con colori ad acquerello, nel massimo rispetto dell’originale. Contemporaneamente, si sono rimossi i pesanti strati manutentivi sovrammessi agli stucchi monocromi e puliti i depositi stratificati sulle dorature, consentendo il recupero integrale del ricchissimo apparato plastico (“stucco romano”) della Galleria. Un nuovo impianto di illuminazione completa il restauro ed accompagna il visitatore alla scoperta di uno dei più importanti testi decorativi del primo Seicento.
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