All’interno della ricca programmazione culturale del Macro, Museo d’arte contemporanea di Roma, il 4 gennaio, sul maxischermo di fronte all’Auditorium, si è proiettato in loop l’ultimo lavoro, datato 2017, del giovane artista Emiliano Zucchini. Il video, che dura quasi tre minuti, si intitola Void Form ed occupa quello spazio intermedio dell’arte in cui è possibile vedere anche ciò che non è strettamente connesso col pensiero razionale.
Il video si afferma come mezzo di espressione artistica alla fine degli anni ’60, in un tempo in cui, ormai, la percezione del pubblico è totalmente plasmata da più di mezzo secolo di cinema. A questo va aggiunto il numero crescente di programmi televisivi trasmessi da emittenti pubbliche e private. Dunque, l’immagine in movimento ed il suo trasferimento al mezzo elettronico costituiscono da tempo una realtà abbondantemente collaudata. Tuttavia, il video d’arte possiede alcune caratteristiche che lo differenziano dal cinema e dalla televisione: tra l’attimo in cui le immagini vengono riprese e quello in cui vengono memorizzate non esiste uno scarto temporale ed il materiale audiovisivo viene immediatamente tradotto in un codice analogico, ormai oggi surclassato dal digitale. E poi esiste un altro tipo di video, quello in cui una gamma infinita di applicazioni e manipolazioni dell’immagine elettronica ibridano forme d’arte tra le più svariate, stravolgendo il più tradizionale concetto di spazio-forma, nel tentativo di visualizzare il vuoto. Il vuoto come possibilità di non aderenza all’idea precostituita di significato, funzionalità, efficienza, contenuto. Un territorio dunque assolutamente intermedio, in cui è necessario riequilibrare le luci. Ed è proprio qui, in questo spazio intermedio, che si pone il lavoro di Zucchini. La scacchiera digitale dalla quale parte è in realtà un pattern che gli permette di lavorare su numerose combinazioni replicate all’infinito, nelle quali sembra cercare la propria identità. Viene così a delinearsi un flusso ininterrotto di immagini testuali onirico-allucinatorie in cui ci si può perdere, ma pure ritrovare. E in questo tentativo di definire un territorio che in realtà è molto poco definibile, Emiliano costruisce il suo paradigma che funziona come funziona la costruzione mediatica della realtà. Le immagini si susseguono alla velocità della luce, il silenzio regna sovrano e Zucchini è il grande sciamano che ci racconta di altri mondi possibili.