Chiude il 23 giugno l’interessante mostra di Palazzo Braschi, a Roma, dal titolo UKIYOE, IL MONDO FLUTTUANTE, VISIONI DAL GIAPPONE.
Inaugurato il 20 febbraio scorso, l’evento ha presentato circa centocinquanta opere di arte giapponese, tra il Seicento e l’Ottocento. Sono esposti i più importanti maestri dell’ukiyoe, oltre 30 artisti, a partire dalle prime scuole seicentesche. La tecnica dell’ukiyoe, importata dalla Cina, implementò infatti la diffusione di immagini e libri, permettendo una considerevole produzione in serie. Da qui la divulgazione di stampe che rappresentò un vero e proprio florido mercato.
La grande novità dell’ukiyoe erano i soggetti, completamente diversi dalla grande pittura parietale aristocratica al servizio dei potenti e dalle scuole classiche di Kyoto. In questo senso l’ukiyoe è una testimonianza diretta della società giapponese del tempo, degli usi e dei costumi, delle mode da indossare e dei luoghi naturali.
L’esposizione racconta anche dell’arrivo in Giappone e della passione per il collezionismo di due grandi viaggiatori italiani, Edoardo Chiossone (1833-1898) e Vincenzo Ragusa (1841-1927), entrambi vissuti nel Paese del Sol Levante, in un periodo in cui il Giappone si apriva per la prima volta agli stranieri.
Sette sezioni accompagnano il pubblico alla scoperta degli aspetti molteplici dell’ukiyoe: la musica, la danza, la ritrattistica di attori, la rappresentazione della bellezza femminile, i giochi, i passatempi, le località celebri dentro la città.
La mostra dunque, visitabile per qualche altro giorno ancora, ci presenta un ritratto culturale del Giappone tra Seicento e Ottocento, testimoniando lo scambio artistico tra i due paesi e facendoci riflettere su una influenza mai cessata che ci pervade oggi più di ieri e che ha profondamente trasformato il nostro vivere contemporaneo.
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